Questa scissione, per quanto ci riguarda, preme non solo sul piano politico ma anche su quello umano e personale, ma non abbiamo avuto scelta. Il gruppo dirigente, rendendo flessibili le regole del partito unitariamente condivise, ci ha messo con le spalle al muro.
Non possiamo negare le caratteristiche politiche di un metodo, quello del PCL, che da troppo tempo si è fatto incomprensibile. Ma l’andamento di questa separazione non era né scontato né predeterminato. Come minoranza, nonostante vivessimo in una situazione di avversità e difficoltà perché come compagni credevamo e continuiamo a credere nella costruzione di un partito rivoluzionario, ci siamo sempre comportati lealmente e correttamente con il gruppo dirigente.
La critica al PCL deve comprendere più capitoli.
La critica principale, riguarda la responsabilità del gruppo dirigente che incombe nella misura in cui, avendo lavorato per quasi vent’anni alla costruzione del Partito rivoluzionario ed essendo il alcuni periodi riusciti o perlomeno esserci andati molto vicino (2006-2013), essendo stati la principale forza a sinistra del PRC (come declamavano i volantini), si è giunti in poco tempo – mentre altre forze crescevano – in una situazione di crisi seria e nell’impossibilità pratica di incidere realmente nei movimenti di lotta.
Fare chiarezza sugli errori commessi dal gruppo dirigente è indispensabile non solo ai fini di un bilancio organico di questa organizzazione ma anche e soprattutto per trarne i dovuti insegnamenti. Dunque, quali sono le cause di questa difficoltà nello sviluppo del partito? Dove il PCL è responsabile? Perché non tutto può essere giustificato dal destino cinico e baro? Avrà o non avrà responsabilità questa direzione? La risposta è si, naturalmente. Certamente le scissioni subite dal PCL negli ultimi anni hanno inciso e non ne hanno aiutato il relativo sviluppo.
Altro aspetto negativo è la continua difficoltà di stabilire una discussione serena all’interno delle stanze del partito. Avere una posizione di dissenso all’interno di un partito marxista-rivoluzionario comporta la capacità da parte il gruppo dirigente di saper rispondere e confutare con argomentazioni puntuali e verificabili. Per fare un esempio, è stancante, al limite dello stucchevole, il riproporsi di false accuse verso la minoranza CQI, oggi M-LMR, mosse dai compagni sia della Segreteria che del Comitato Centrale, come quella riguardante l’assenza di centralismo democratico all’interno della UIT. Se i compagni continuano a pensare che la terra sia piatta non abbiamo strumenti per poterli correggere.
Perché questo metodo di alzare i toni, sempre e comunque, quando si evidenzia un dissenso verso il gruppo dirigente, dimostra l’immaturità politica della maggioranza di questo partito. Tutto questo non è comprensibile.
In ambito nazionale, le posizioni politiche della maggioranza sono politicamente stagnanti e ancorate a un vecchio cliché.
Appare evidente l’assenza di una progettualità politica che possa dar voce alla classe operaia nell’agone elettorale. Qui sta in parte la differenza tra un partito strutturato per la classe operaia ed un’organizzazione piombata sulla propria sopravvivenza. Sono sei anni che avanziamo la proposta di costruire, sul modello argentino, un fronte elettorale, avendo questo una doppia utilità: da un lato poter traslare l’unica esperienza elettorale vincente dei marxisti-rivoluzionari, dall’altro inchiodare la base delle organizzazioni che si definiscono marxiste-rivoluzionarie alle loro responsabilità politiche nei confronti della classe operaia. Ma nulla la nostra proposta viene rispedita al mittente senza una reale valutazione tattica.
In più, se il gruppo dirigente del PCL vuole strutturare una critica teorica verso il settarismo, come già fatto con il documento sulla TMI (che condividiamo parola per parola), dovrebbe dotarsi non solo del metodo “del bastone” ma anche di quello “della carota”, ovvero dare una proposta di fronte unitario, perché la teoria si completa con la pratica.
Questa linea, avvitata su stessa, ha portato alla tolleranza di forme politiche routinarie finalizzate al mantenimento del PCL non in quanto strumento politico al servizio del mondo del lavoro ma del PCL in quanto PCL. Sono lontani i tempi del vecchio mantra del PCL che recitava “la più grande organizzazione comunista a sinistra del riformismo”.
Le continue difficoltà politiche attraversate dal PCL l’hanno portato ad assumere posizioni diverse, come “Costruzione su noi stessi?”, “Il Partito anticapitalista della classe operaia?”. Tutte formule più o meno valide ma non aderenti alla realtà perché non hanno avuto la capacità di rimuovere le forme statiche, portando a un’inevitabile cristallizzazione autocentrata.
Al di là degli ostacoli oggettivi, l’essere rimasti troppo a lungo invischiati in rapporti fluidi con altre organizzazioni a livello internazionale ha prodotto un arretramento prima ed un ritardo dopo nello sviluppo del partito, ha impedito il processo di rilancio della ricostruzione della IV Internazionale. La linea del raggruppamento rimane sia in ambito nazionale che in ambito internazionale un’imprescindibile necessità non solo per il futuro della sinistra comunista ma anche per valorizzare possibili fermenti, che ci sono stati e che potrebbero esserci. (ad es. GKN)
Basti pensare ai rapporti esclusivamente binari che il PCL ha mantenuto negli ultimi anni, quali:
- PO (con Altamira)
- EKK
- DIP
- AR-Francia
- PO (senza Altamira)
- Nuovo MAS
- POR russo
- Lega per la V Internazionale
Questo rappresenta un metodo esattamente capovolto rispetto al metodo trotskista. Trotsky ha costruito l’Opposizione di Sinistra Internazionale, dopo l’espulsione dalla Russia, non tramite rapporti bilaterali bensì tramite il metodo del raggruppamento. Per Trotsky, dunque, il metodo del raggruppamento era già profondamente ancorato prima della costruzione della IV Internazionale.
Poter pensare di costruire una nuova Internazionale senza utilizzare il metodo del raggruppamento è non solo sbagliato e fuori dai canoni del trotskismo, è soprattutto impossibile.
Il raggruppamento oggi può essere avanzato solo da un’organizzazione che ne abbia la volontà e non sia autocentrata.
La UIT non si definisce la nuova IV Internazionale, non ha un baricentro ossidato e autoreferenziale nella costruzione di quest’ultima, al contrario di tutte le frazioni internazionali o internazionali frazione, e ha assunto negli ultimi dieci anni le migliori posizioni (dato innegabile) nel panorama trotskista conseguente:
- Centralismo democratico
- Posizione sulla Palestina
- Posizione sulla guerra Russia-Ucraina
- È tra i fondatori del FIT
- Posizione sulle elezioni, sostegno critico
- Nessuna preclusione politico-ideologica alla discussione con altre organizzazioni che non abbiano lo stesso ascendente politico.
Per tali motivi abbiamo richiesto l’adesione come sezione simpatizzante alla UIT e riportiamo l’ordine del giorno votato all’assemblea dell’11 Maggio della CQI, ora M-LMR:
1) Ci dobbiamo separare da questa organizzazione che manca di progettualità politica nazionale e internazionale.
2) Non assumeremo una posizione ostile nei confronti del PCL, con cui auspichiamo una possibile convergenza qualora lo spirito del partito assuma un carattere inclusivo e non esclusivo.
3) Non essendo né settari né autocentrati e riconoscendo l’importanza della costruzione di un partito rivoluzionario, nell’immediato futuro prenderemo contatti con chiunque abbia a cuore il rilancio di una proposta marxista-rivoluzionaria.
4) M-LMR si fonda su centralismo democratico, opposizione ai governi borghesi, antistalinismo, rivoluzione permanente, programma di transizione.
Movimento per la Lega Marxista Rivoluzionaria
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