La storia politica di Palmiro Togliatti è la storia di uno dei personaggi meno puliti che il movimento operaio abbia conosciuto. Hannah Arendt, nel suo testo “Responsabilità e giudizio”, da un quadro pulito del genere di persone alla Togliatti: “Il peggior male non è dunque il male radicale, ma è un male senza radici. E proprio perché non ha radici, questo male non conosce limiti.”
Un individuo, Togliatti, privo di etica e pronto a piegarsi ai voleri di Stalin senza la minima riflessione, un perfetto amministrativo burocrate. Cerchiamo con ordine di ripercorrere cronologicamente le sue tappe politiche.
Nel 1921, anno fondativo del Partito Comunista d’Italia, Togliatti era un semplice redattore di Ordine Nuovo, tanto che a Livorno durante le sessioni del congresso non era tra i partecipanti… “Era rimasto a Torino a fare il giornale”1. Anche se, per onestà intellettuale, su un’altra biografia2 si scrive che “partecipò al congresso con la delegazione di Torino”.
Insomma, in piena continuità con Stalin, lo Stalin che durante la Rivoluzione Russa aveva avuto un ruolo di secondo piano e “conciliazionista” – secondo tutti gli storici onesti – e che divenne per magia, negli anni trenta e a regime oramai strangolato, il leader incontrastato della Rivoluzione secondo solo a Lenin, oramai salma.
Nel 1926, quando all’interno del PCUS infuriava la lotta tra l’Opposizione di Sinistra e la burocrazia stalinista Gramsci scrisse una lettera, indirizzata ai compagni sovietici e tenuta segreta per molto tempo, riguardo alla lotta intestina: “Voi state distruggendo l’opera vostra, voi degradate la funzione di dirigente che il partito comunista russo aveva conquistato per impulso di Lenin: i vostri doveri di militanti russi possono essere adempiuti solo nel quadro degli interessi del proletariato internazionale”.
Togliatti rispose stizzito a Gramsci, sempre sotto “dettatura” di Stalin. Uno dei grandi meriti di “Ercoli” fu quello di aver “aiutato” a liquidare, da coprotagonista assieme a Stalin, le opposizioni interne al regime Stalinista.
Nella metà degli anni venti Togliatti assunse, a livello internazionale, un posizione di destra (corrente Bucharin), ma quando vide il modo con cui gli oppositori venivano trattati in breve tempo si allineò alla politica del Comitern. Stalin non poteva tollerare opposizioni interne e correnti (come era stato previsto nel partito di Lenin3) e procedette all’eliminazione, prima politica e poi fisica, dell’Opposizione Trotskista. Così fece, nello stesso periodo, Togliatti con i Trotskisti italiani: Tresso, Ravazzoli e Leonetti. Forte, Togliatti, di una maggioranza nella segreteria del PCdI ottenuta grazie alla complicità di un altro poco apprezzabile individuo (Secchia) accusò i tre di deviazionismo e li fece espellere dal Partito. Le calunnie di Togliatti perseguitarono i compagni e accompagnarono Tresso sino alla sua morte, avvenuta nel 1944 per mano di stalinisti in Francia4.
Togliatti non si limitava a “sistemare le cose” solo in Italia, da buon dirigente di apparato si preoccupava di “ripulire” le diverse opposizioni comuniste nel resto dell’Europa. Prima di tutti toccò ai polacchi e al Partito Comunista Polacco (PCF): “Quale responsabile incaricato dell’Internazionale comunista alla cura e al controllo dei partiti comunisti dell’Europa centrale seguì la vicenda del partito comunista polacco.”5
“Vicenda” che sotto la sua “cura” portò allo scioglimento del PCP e alla eliminazione fisica, quasi totale, di tutti i membri del comitato centrale.
Poi venne il turno della Spagna. Togliatti era considerato “il consigliere e l’animatore”6 della rivoluzione spagnola. Criticava “l’infantilismo anarchico”, riversava, come fatto in passato, il suo odio contro trotskisti e anarchici. Non sappiamo che ruolo abbia avuto Togliatti, al contrario dei “suoi” Vidali (che almeno su Nin e la sua morte ha avuto qualche ruolo) e Orlov, nella morte di Nin7 ma sarebbe difficile escludere che come responsabile dell’IC comunista non fosse a conoscenza dei piani.
Naturalmente Ercoli accusa di fascismo le “spie trotskiste” accusandole con disprezzo, ma hai veri fascisti lanciava appelli di benevolenza: “Appello ai fratelli in camcia nera“8. Mentre Gramsci e altri compagni erano chiusi nelle carceri fasciste, Togliatti dalla sua comoda poltrona di Mosca attaccava i veri rivoluzionari e ogni tanto lanciava la sponda di “collaborazione” con i fascisti di Mussolini. Anche sulle moltissime vittime comuniste dello stalinismo rinchiuse e uccise nei gulag, Togliatti – etica profonda comunista – non mosse nemmeno un dito…9
Negli anni ‘40, dopo la liberazione dal nazifascismo, Togliatti eseguì la tattica stalinista e anti-leninista dei “fronti popolari” e assunse il ministero di Grazia e Giustizia del governo borghese italiano. Tra le prime misure prese dal nuovo ministro vi fu “l’amnistia” per i fascisti e la repressione dei moti contadini in Sicilia. Si potrebbe continuare parlando della “via italiana al socialismo” o dei suoi numerosi articoli che elogiavano Stalin dopo la soppressione di rivoluzionari come Zinov’ev, Kamenev, Bucharin oppure l’epurazione di Trotsky e così via, ma non basterebbero poche pagine. Meglio dunque, forse più utile, soffermarsi sulla non-coerenza e autonomia di pensiero del Togliatti, ammessa e compresa la paura di dissentire da Stalin. Togliatti andò addirittura oltre eseguendo e seguendo la prassi degli orrori di Stalin.
Negli anni ’20, durante i primi anni di vita dell’Internazionale, come scritto sopra, Togliatti era stato buchariniano ma poi virò e divenne stalinista. Nel ‘43 accettò con grande esaltazione lo scioglimento della III Internazionale, ma nel ‘47 con la stessa esaltazione applaudì alla sua ricostruzione sotto altra forma (il Cominform), salvo poi essere nuovamente compiaciuto per il suo definitivo scioglimento nel ‘56. Con la stessa disinvoltura avvalorò la condanna di Tito, stendendo anche il testo di accusa, per poi congratularsi con il “comunismo” jugoslavo. Fu artefice e protagonista della repressione stalinista e, dopo l’avvento Krusciov (XX Congresso), si adeguò successivamente (e a fatica) alla presunta destalinizzazione.
Insomma, un uomo avulso alla coerenza e pronto a sacrificare i principi del comunismo per un posto nell’apparato dei privilegiati. Ma la vita di Togliatti e la sua sgradevolezza hanno anche un altro significato politico, spesso dimenticato ma oggi attualissimo. Quando molti compagni, legittimamente, oggi parlano e scrivono di “unità dei comunisti” o sventolano la falce e il martello (quale?) ci si dovrebbe domandare prima (sarebbe opportuno) “quali sono i comunisti?”.
Note
- Conversando con Togliatti
- Togliatti, a cura della Commissione propaganda del PCI
- I Protocolli del CC Bolscevico del 1917-1918
- Gruppo “Pietro Tresso” Facebook
- Conversando con Togliatti
- Trent’anni di vita del Partito Comunista Italiano
- Andreu Nin fondatore e massimo dirigente del POUM spagnolo
- Togliatti e Stalin, di G. Siniga. Documenti
- Vittime italiane dello stalinismo in Urss, di A. Leonetti