Marxismo

Pietro Tresso: ad ottant’anni dalla sua morte

Sono ormai passati ottant’anni da quando “Blasco”, Pietro Tresso, uno dei padri del movimento operaio italiano ed internazionale, perse tragicamente la vita. La sua testa cadde – come tanti altri rivoluzionari – per opera della burocrazia stalinista, colpevole solamente di opporsi alle menzogne fabbricate da Mosca.

La vita di Tresso fu piena di privazioni, sofferenze e miseria.

Nato nel 1893, quarto figlio di un ex mezzadro di Venezia poi divenuto manovale, Pietro Tresso dovette lasciare la scuola a nove anni per imparare il mestiere di sarto. Alcune fonti riportano anche un possibile impiego come operaio tessile presso il Lanificio Rossi di Vicenza.

Entrò presto nella Gioventù Socialista e fu uno dei fondatori del PCI insieme a Bordiga e Gramsci, oltre che membro dell’Ufficio Politico.

Grande organizzatore di sindacati contro il fascismo (famosa la lotta a Gravina di Puglia), responsabile del centro interno clandestino del PCI in Italia, Tresso rappresentò il Partito Comunista Italiano a Mosca nel novembre del 1922 durante il IV congresso dell’Internazionale Comunista. La sua figura e il suo prestigio nella sinistra italiana gli costarono virulenti attacchi da parte dei fascisti che cercarono anche di ucciderlo.

La sua personalità, dotata di grandi capacità politiche e organizzativa, fu descritta in maniera esemplare da Ignazio Silone: “Sotto molti aspetti, Pietro Tresso era in effetti un comunista esemplare. Caso poco frequente nel movimento operaio italiano, era un dirigente di origine proletaria che conservava intatte le qualità di freschezza e attività della sua classe sociale. Benché autodidatta, la sua viva intelligenza s’applicava allo studio degli argomenti più differenti, anche quelli che erano estranei alle necessità del lavoro pratico che il partito gli affidava. Nella conversazione con gli amici, gli piaceva manifestare il suo gusto per la conoscenza disinteressata. Era coraggioso di natura e, nelle circostanze più drammatiche del lavoro clandestino, non perdeva mai il suo buonumore.

Nel 1930 Tresso venne espulso dal PCI insieme a due compagni dell’Ufficio politico, Alfonso Leonetti e Paolo Ravazzoli, a causa dell’adesione al trotskysmo.

Diede battaglia con tutta la sua tenacia alla linea avventuristica dello stalinismo, aderì all’Opposizione di Sinistra Internazionale fondata da Trotskij; da quel momento in poi lavorò fino alla morte al suo fianco, nelle file del movimento trotskista internazionale.

Nei primi anni ‘30 Blasco si impegnerà a costruire e a dirigere, sia in Italia che in Francia, la lotta sistematica alla burocrazia sovietica. Egli era infatti ormai convinto del processo degenerativo in atto nell’URSS che, bollando i socialisti come “socialfascisti”, condusse il partito di Stalin e dei suoi lacchè alla divisione della classe operaia contribuendo così alla vittoria del nazismo in Germania.

Nel 1943, il 26/27 ottobre, la sua vita giunse all’epilogo: vennne giustiziato a sangue freddo, in Francia, da sicari di Stalin – “gli affossatori della rivoluzione”.

Su chi abbia dato l’ordine ancora non vi è chiarezza ma sicuramente l’ordine è partito dall’alto. Sappiamo che l’esecutore materiale fu il partigiano Jean Sosso (Giovanni Sosso), un uomo dell’apparato stalinista, nato in Italia e migrato in Francia, che dopo la guerra fu inviato in Polonia come giornalista dell’Humanitè (la stampa francese stalinista).

Il PC Italiano si è chiuso in un silenzio compromissorio. Togliatti e Cerreti erano sicuramente a conoscenza della morte di Tresso, se non direttamente colpevoli. il giornalista Berardi dell’Unità (la stampa del PCI) ha riportato che nel dicembre del 1984 Leonetti, ex storico dirigente del partito, mentre era ricoverato all’ospedale Gemelli di Roma, pochi giorni prima della morte  ricevette la visita di due persone inviate dall’ufficio di segreteria del PDS. Questi gli chiesero di far sparire un testo di Togliatti che, se pubblicato, avrebbe scatenato l’inferno. Leonetti li allontanò definendoli di “corvi”.

Tresso era uno di quei dirigenti che come Wolf, Nin, Klement e Sedov hanno dedicato la vita per il socialismo, militanti che si sono opposti alle tragedie della burocrazia staliniana, militanti che hanno lottato per l’internazionalismo comunista, pagando con la vita per le loro idee. Tresso merita un adeguato riconoscimento in quanto è un’icona di grande valore non solo politica ma anche morale.

Per troppo tempo le vittime dello stalinismo sono state rimosse, cadute nel dimenticatoio. Lo stalinismo non era un giudice di un tribunale operaio ma un becchino poggiato sul sangue dei rivoluzionari.

Bibliografia essenziale su Pietro Tresso

Broué, P. (1996). Assassinii nel maquis. La tragica morte di Pietro Tresso. Prospettiva Edizioni

Sermasi, G. e Casciola, P. (1985). Vita di Blasco.  Odeonlibri – ISMOS

Marazzi, A. (2004). Alfonso Leonetti. Storia di un’amicizia. Testi inediti, ricordi e corrispondenza con Roberto Massari (1973-1984). Massari Editore

Tassinari, S. (2008). Il vento contro. Marco Tropea Editore

Informazioni su Burles e Sosso

Pennetier, C. (2008, 29 maggio). Burles Jean. Le Maitron. https://maitron.fr/spip.php?article18197

Grason, D.  (2022, 23 settembre). Sosso Jean. Le Maitron. https://maitron.fr/spip.php?article131464

Documentario su Pietro Tresso

Gemmo, E., Neri, F. & Tramontana, V. (2023, 11 settembre). Ad 80 anni dalla morte di Pietro Tresso [Video]. Youtube. https://www.youtube.com/watch?v=mopPLFZln0o

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