Compagni e compagne,
l’8 e il 9 giugno non si votano soltanto dei quesiti.
Queste date rappresentano uno snodo, un’occasione per trasformare lo scontro referendario in un momento di mobilitazione politica, di presa di coscienza, di avanzata concreta della lotta di classe.
Dire SÌ significa alzare la testa, rompere la passività, spezzare la retorica della delega.
Siamo in un tempo in cui la democrazia è ridotta a spettacolo, in cui i padroni dettano l’agenda politica, in cui la precarietà, lo sfruttamento e la repressione diventano normalità.
Diciamo SÌ come gesto di rottura, come un momento di lotta, come parte di un processo più ampio: quello della costruzione di un’alternativa rivoluzionaria e anticapitalista.
Trasformiamo questo referendum in un terreno di scontro politico.
Cinque quesiti referendari, cinque ferite aperte nel corpo vivo del mondo del lavoro, cinque occasioni per dire SÌ con rabbia, con consapevolezza, con spirito di lotta.
SÌ contro l’ingiustizia nei licenziamenti: perché oggi il padrone può liberarsi di te con una semplice firma. Licenziare è facile, reintegrare è impossibile. Noi diciamo basta! Vogliamo che chi viene licenziato ingiustamente torni al suo posto. Questo SÌ è contro l’arroganza padronale, per restituire forza al lavoro e dignità al lavoratore.
SÌ contro la precarietà infinita: i contratti a termine sono diventati la regola. Rinnovi infiniti, proroghe ingiustificate, vite sospese, un esercito di precari tenuti sotto ricatto. Noi diciamo SÌ per porre un limite, per riaprire spazi di stabilità e organizzazione sindacale.
SÌ alla responsabilità solidale negli appalti: oggi chi appalta non ha responsabilità se un lavoratore si fa male. Questo SÌ è un’arma contro l’impunità, contro il profitto costruito sulla pelle operaia. Il committente deve rispondere, perché la sicurezza non è una voce di bilancio, è una vita umana.
SÌ contro l’impunità dei licenziatori seriali: l’indennizzo non basta. Non si compra la vita delle persone con due mensilità. Noi vogliamo che chi viene licenziato senza giusta causa possa lottare, tornare, resistere. Un SÌ per fermare l’arbitrio padronale, per dire che non siamo semplici numeri, siamo forza-lavoro viva.
SÌ alla cittadinanza : basta esclusione, basta cittadinanza negata a chi vive, lavora, lotta e cresce in questo Paese. Questo SÌ è un atto di giustizia storica e sociale, contro ogni frontiera, contro ogni ipocrisia.
L’8 giugno non restare a guardare. Vota SÌ e scendi in lotta. Perché solo chi lotta può cambiare davvero le cose.
Un SÌ di classe. Un SÌ rivoluzionario.