Politica Internazionale

Francia: ha vinto la paura!

I cittadini sono sondati così spesso che hanno perso ogni opinione.        (J.Baudrillard)

SI, in Francia ha vinto la paura, la paura di un governo della destra reazionaria. IL Popolo parigini ha espresso in modo netto ed inequivocabile il suo rifiuto a Le Pen, la destra estrema non governa in Francia dai tempi di “Vichy” e non lo farà adesso. Le Reazioni dei dirigenti Rassemblement National (destra) evidenziano non solo amarezza – sino a pochi giorni fa la maggioranza dei sondaggi li dava vincenti nella tornata elettorale, almeno con la maggioranza relativa – ma anche frustrazione, come si evince dalle dichiarazioni di Jean Bardella dirigente emergente di RN: “Un’alleanza del disonore ha gettato la Francia tra le braccia dell’estrema sinistra di Mélenchon che condurrà la Francia verso l’incertezza e l’instabilità, la paralisi delle istituzioni”. La stessa frustrazione è emersa da Putin che per bocca di Lavrov (ministro degli esteri) ha dichiarato che: “il secondo turno è stato concepito per manipolare la volontà degli elettori”.

Ma cosa è successo in Francia e quali sono gli scenari possibili?

È successo che per una volta nella logica riformista borghese la desistenza ha funzionato e i patti, le scelte dei candidati con le relative rinunce tra NFP (sinistra) ed Ensable (Macron) hanno portato questo blocco (tutt’altro che definito) ad arrestare l’avanzata della destra. La popolazione francese ha reagito bene, stimolata da un lato da questa scelta delle forze di centro e di sinistra e dall’altro dalla paura di un governo iper-reazionario. I cittadini francesi si sono turati il naso e hanno fatto loro stessi blocco, prima ancora dei dirigenti delle singole organizzazioni, lanciando un messaggio chiaro: “Non vogliamo Le Pen al governo!”. Messaggio che non sembra ancora del tutto compreso dall’eterogeneo fronte anti-Le Pen.

Il risultato del voto è impressionante: su 151 ballottaggi tra la sinistra e la destra, due terzi sono stati ad appannaggio della sinistra; su 131 ballottaggi tra macronisti e lepeniani, quasi il 90% dei voti è andato ai seguaci di Macron. Insomma: la logica della geometria variabile, la logica degli accordi a tavolino tra la sinistra e il centro hanno funzionato anche meglio delle più rosee aspettative messe in campo dagli schieramenti.

Ora viene il difficile per queste due forze, perché la vittoria di un blocco non rappresenta la costruzione di un governo.  Macron ha una grossa responsabilità e un grande problema: la responsabilità di essere conseguente con il risultato delle urne, il problema di gestire le convulsioni interne al proprio gruppo.

E. Philippe e il ministro Darmian hanno già lanciato avances verso la destra e questo potrebbe rappresentare una prima spaccatura non solo politica ma anche in ottica di seggi. Lo stesso vale per il leader della corrente di sinistra, Attal, uno dei massimi sostenitori del fronte repubblicano. Dunque Macron, preso tra due fuochi in un partito travolto da forze centripete e pronto all’esplosione, farà a nostra avviso l’unica cosa che può fare in questo momento: prendere tempo. Aspetterà che la nuova Assemblea Nazionale sia ben definita, come vuole la tradizione francese, e poi farà le sue mosse sapendo che qualunque decisione prenderà non sarà esente da convulsioni interne ed esterne.

Anche nel campo della sinistra sono presenti contraddizioni, partendo proprio dai socialisti che per bocca di Faure avevano fatto sapere che “i socialisti non faranno da stampella a nessuno”, rivendicando un ruolo di primissimo piano, quel ruolo che in passato aveva avuto Hollande (leader dei socialisti polverizzato una manciata di anni fa proprio da Macron), il quale potrebbe tornare a essere protagonista nel futuro governo di colazione spinto proprio da Macron – in un’ottica di sbarramento della sinistra di Mélenchon, una sorta di legge del contrappasso di dantesca memoria.

Bene i verdi di Marine Tondelier, bene Mélenchon, non male anche il PCF che dovrebbe avere una dozzina di rappresentati in parlamento.

Qualunque siano gli scenari, per la classe operaia non sarà certo una passeggiata

Al netto dei proclami del FP sulle pensioni e qualche riforma di stampo progressista, la spirale e la logica dei governi di collaborazione di classe è già segnata: accordi al ribasso con la borghesia imprenditrice, freno alle pulsioni del movimento di massa e apertura nel prossimo futuro ad un governo reazionario quintuplicato nella forza e nei consensi. Esattamente come è successo in Italia dove governi di centro sinistra hanno prodotto controriforme “salasso” per il mondo del lavoro (rimozione art. 18, leggi sul precariato, aumento dell’età pensionabile ecc.), favorendo così la successiva nascita di un governo politicamente troglodita e post-fascista come quello della Meloni.

Che fare?

L’estrema sinistra marxista rivoluzionaria, oltre a fare delle ottime analisi e lanciare delle buone parole d’ordine a mo’di propaganda non va più in là di questo. La  Francia ha visto un voto sterile per l’estrema sinistra dove LO e NPA (s), raggiungendo lo 0,49% e 0,16% al primo turno, non sono riusciti a fare l’unica cosa che si doveva fare: costruire una federazione di marxisti rivoluzionari. Esperienza già fatta e vissuta (almeno in forma minimale di blocco) a cavallo tra gli anni ‘90 e i primi anni 2000 quando la lista LCRLO (LCR padre del NPA oggi diviso in due) raggiunse degli ottimi risultati elettorali, dando fiducia e ottimismo nelle lotte e nelle piazze.

Vedremo se in Italia alla prossime politiche si manifesterà di nuovo quella capacità da parte dell’estrema sinistra (senile) di riconfermare il distacco dalle masse e di non porsi all’altezza dell’esigenza della classe operaia, pontificando la propria ininfluente organizzazione, esibendo una sorta di orgoglio parrocchiale. Il simbolo e l’organizzazione prima di tutto… poveri settari autoreferenziali.

Per la federazione della sinistra marxista rivoluzionaria, fare in Italia come si fa in Argentina!

Eugenio Gemmo   

Movimento per la Lega Marxista Rivoluzionaria       

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