La passata tornata elettorale europea ha visto il palesarsi di due fattori principali: un astensionismo di massa che nell’area UE si attesta ad un 51% e che in mancanza di una risposta anticapitalista e marxista, permette l’aumento tendenziale delle destre più becere e pericolose, quelle del neo-nazifascismo e del post-fascismo. In Italia, la politica sovranista di Meloni non è altro che la tutela della grande borghesia condita da un linguaggio per nostalgici del ventennio. La sua politica impone un’austerità perpetua che comporta, da un lato lo smantellamento (con annessa autonomia differenziata) di quel poco di Welfare che era rimasto in questo Paese e dall’altro sempre più privilegi per il grande capitale.
In questo quadro drammatico e reazionario, le elezioni europee hanno lasciato un prezioso insegnamento: il popolo della sinistra, potenzialmente anticapitalista, non è morto ma può rialzare la testa. Il voto a Ilaria Salis è emblematico. Non è stato solo un voto simbolico, ma anzi ha rappresentato il senso pratico, reale degli sfruttati. Non si è votato unicamente per liberarla dalle prigioni ungheresi ma si è polarizzato attorno a lei un vero e proprio voto di classe. È da questo sentimento popolare che dobbiamo ripartire. Non si può lasciar sfuggire questo sentimento di classe o, peggio ancora, imprigionarlo, come sempre fatto in passato, in logiche riformiste.
- In Europa, il malcontento nei confronti delle politiche nazionali che creano una dura realtà per i lavoratori si è riflesso nelle urne. Povertà crescente (1), disoccupazione, con una media del 6%, con punte come la Spagna con l’11,7, la Grecia con il 9,2% o la Svezia con l’8%. Secondo Eurostat la pensione media è di 1.294: 15 dei 27 Paesi Ue non la raggiungono. L’aumento medio dei salari nella zona euro è stato del 4,47% nel 2023 e del 2,92% nel 2022 rispetto a un’inflazione dell’11,5% nel solo 2022. Il risultato è un impoverimento e un calo delle condizioni di vita al di sotto dei livelli pre-pandemia nella maggior parte dei paesi, nonostante la recente crescita dei salari nominali. Il caso più emblematico è stata la Francia, dove la perdita di consensi di Macron, purtroppo capitalizzata dal partito di Marine Le Pen, ha obbligato il Presidente francese a indire nuove elezioni legislative; infatti, Macron perde 10 seggi e Le Pen (Gruppo ID) travolge, conquistando 12 seggi. Macron, entrato in carica già molto indebolito, ha dovuto fronteggiare il fortissimo movimento per le pensioni, quello dei gilet gialli e quello dei contadini, questi ultimi due di natura piccolo borghese e con probabili approcci verso l’estrema destra. France Insoumise (LFI), forte dei risultati (in crescita da 4 a 9 seggo) e capitalizzando una piccola parte del malcontento nella lotta contro le pensioni e nella difesa del popolo palestinese represso dal governo, propone un fronte popolare per affrontare Le Pen. Sembrerebbe che le cose potrebbero complicarsi per Macron, con il crack dei potenziali partner, i gollisti repubblicani, con un settore che si avvicina a Le Pen, e la possibile unità della sinistra attorno al fronte popolare. Intanto i sindacati hanno diffuso un comunicato unitario e probabilmente chiederanno mobilitazioni.
- La situazione non è meno difficile in Germania (e qui la partecipazione è significativa) dove, anche se Scholz (GS) perde “solo” 2 seggi, rimane con 14 come quarta forza, dietro non solo alla CDU, che mantiene i suoi 30 seggi, ma all’ estrema destra che ne ha raggiunti 17 tra AfD (ID in Europa, 15) e Die Partei (2). Qui il governo ha dovuto subire massicci scioperi nel settore primario, nei trasporti, nei servizi e nell’industria.
- Anche il primo ministro belga De Croo si dimette a causa degli scarsi risultati del partito liberale fiammingo Open Vld (da 2 a 1 seggio), sconfitto dal GS. I liberali al governo restano l’ultima forza dietro l’estrema destra di N-VA Nieuw-Vlaamse Alliantie (CRE che mantiene i suoi 3 seggi) e l’emergere di un altro, VB Vlaams Belang (ID che ottiene anch’esso 3 seggi).
- Il caso dell’Austria, che ha un governo del Partito popolare austriaco (Österreichische Volkspartei), perde 2 e ne ottiene 5, a pari merito con i socialisti, e vince l’estrema destra di origine nazista del FPÖ (ID), che va da 3 a 6 seggi.
La socialdemocrazia europea si afferma in Portogallo, Svezia e Romania, mentre in Danimarca i socialdemocratici devono continuare la loro “coabitazione al governo con due forze di destra.
In sintesi, quasi un quarto dei voti (24,3%) in queste elezioni è andato all’estrema destra, una percentuale che nel 2014 rappresentava solo il 16% e nel 2019 sfiorava il 22%.
Nel Parlamento europeo ci sono due gruppi differenziati di estrema destra: Gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei, CRE (che comprende Meloni e Vox); e ID Identity and Democracy Group (dove sono collocati Le Pen e AfD) si sono separati nel 2019 dal precedente. Teoricamente differiscono in quanto la CRE è favorevole all’Ucraina, alla NATO e all’allargamento dell’UE. L’ID, invece, ha una posizione ambigua nei confronti della Russia, è contraria alla NATO e all’allargamento dell’UE.
Di fronte a questi numeri, il problema principale per le esigue forze della sinistra marxista è il che fare? Come cercare di intercettare quel grande e potenziale malcontento sociale, rappresentato in Italia ed in Europa da un’astensione di massa, generata dal fatto che le masse operaie e popolari non vedono nelle elezioni borghesi uno strumento per migliorare le loro condizioni di vita e allo stesso tempo cercare di arginare l’avanzate delle destre estreme.
Negli ultimi anni, infatti, abbiamo assistito, al processo involutivo di quasi tutte le organizzazioni “comuniste” il cui unico scopo è stato quello di mantenere la propria gestione organizzativa e curare il proprio orticello senza avere il coraggio di proporre qualcosa di concreto per la classe operaia. Bisogna fare come in Argentina! Creare una federazione di organizzazioni rivoluzionarie diverse tra loro ma accumunate dagli stessi intenti e declinazioni rivoluzionarie.
In questa fase di difficoltà per il mondo del lavoro, per gli ultimi, la fase di rilancio e costruzione di una proposta anticapitalista deve essere affidata ad un lavoro utile e paziente: il FIT, federazione delle forze marxiste rivoluzionarie (unica opzione valida e non sconfitta dalla storia), va costruito anche Italia e negli altri Paesi europei. Dobbiamo essere capaci di rianimare il dibattito e far uscire dalle proprie idiosincrasie i gruppi dirigenti che si definiscono marxisti rivoluzionari stimolando la base, inchiodando i dirigenti alle loro responsabilità; dobbiamo proporre un’opzione marxista rivoluzionaria in questo Paese. Raccogliere, rafforzare ed estendere questa proposta anche attraverso una valorizzazione sincera che potrebbe aprire un processo di dibattito nel movimento marxista rivoluzionario.
La sinistra marxista rivoluzionaria è incapace di fare fronte alla crisi verticale che l’attraversa e sta desertificando tutto al di là di qualche ricambio generazionale; oggi le singole forze, da sole, sono solo testimonianza. Stiamo assistendo ad un processo di frammentazione delle forze e dei militanti dell’estrema sinistra interna ai gruppi dirigenti tradizionali, frammentazione che nel tempo creerà (come alcune forze hanno già vissuto) ulteriori lacerazioni. Ora più che mai abbiamo la necessità politica di avanzare verso il FIT italiano, una riflessione importante non solo ai fini del processo costruttivo di un progetto possibile e funzionale ma anche per dare gambe ai reali e vivi sentimenti rivoluzionari nutriti dai giovani, concretizzandoli in unica forza federativa. Dobbiamo dire loro la verità: nessuna rivoluzione in questo continente è imminente. Ma noi rivoluzionari possiamo (dobbiamo!) utilizzare queste forze militanti scongelandole da stagnazione e false illusioni, dirigendole verso l’unico obiettivo che dovrebbe stare a cuore a ogni comunista: una proposta di classe rivoluzionaria.
Solo lo spirito di costruzione, la prospettiva della nascita di una forza rivoluzionaria e di classe potranno farci tornare lungo la strada della rivoluzione.
(1) In Germania il rischio povertà colpisce 12 milioni di persone, più del 14%, in Francia il 15%, Spagna il 26%, Romania 34,4%, Bulgaria 32% o Grecia 26,3%.