Marxismo

Karl Radek

di Eugenio Gemmo

Karl Radek, uomo politico e pubblicista bolscevico, nacque a Leopoli nel 1885. Sin da giovanissimo, aderì al movimento operaio in Galizia e dal 1901 divenne membro attivo del partito socialdemocratico. Dal 1904 al 1908 partecipò al movimento rivoluzionario in Polonia e in Lituania, dove svolse anche attività di giornalista. Dal 1908 continuò la sua attività in Germania. Nel 1915 e nel 1916 partecipò alle due conferenze di Zimmerwald e di Kienthal (le conferenze che furono l’ossatura politica dell’Internazionale Comunista); nel 1917 fu a quella di Stoccolma, da qui in ottobre rientrò in Russia e si unì alla Rivoluzione.

Prese parte attiva, coadiuvando Trotsky, nelle trattative di pace a Brest-Litovsk. Durante la rivoluzione tedesca del novembre 1918, fece ritorno in Germania dove fu arrestato nel febbraio 1919 e successivamente espulso. Ritornato in Russia, ricoprì posizioni di rilievo all’interno del Partito Bolscevico: dal 1919 al 1925 fu membro del Comitato esecutivo del Partito Comunista. Nel 1925 fu rettore dell’università di Mosca. Infine fu uno degli animatori dell’opposizione trotskista prima e dell’Opposizione Unificata dopo, e nel 1927 fu espulso dal partito, per poi essere riammesso solo nel 1930.

Radek aveva un talento naturale per la scrittura, una penna agile e veloce, fu uno dei principali redattori sia della Pravda che delle Izvestija. Fu anche l’autore di numerosi testi formativi, come ad esempio Pjat′ let kominterna (Cinque anni d’Internazionale comunista), Germanskaja revoljucija (La rivoluzione tedesca) e altri. A Radek va il merito di essere stato un Comunista di Sinistra e di essere stato una delle migliori penne del bolscevismo. Sapeva utilizzare anche in modo sferzante l’ironia:



Il compagno Lenin ci mostra un nuovo metodo per reperire delle informazioni: dal momento che non sa cosa sta succedendo in un determinato paese, manda lì l’esercito. (…) Secondo Vladimir ILich  potevamo conoscere la situazione politica in Germania e in Inghilterra avvalendoci delle baionette. Se avesse avuto più tempo per leggere i giornali stranieri, lo avrebbe saputo senza utilizzare la baionetta. 1


Al secondo processo farsa di Mosca, dove fu condannato a 10 anni, fece sfoggio del suo umorismo nero ironizzando sul fatto che non fosse stato torturato durante gli interrogatori ma, al contrario, che avesse torturato lui per mesi gli investigatori, rifiutando di collaborare.

Compagno spesso discusso, in particolar modo nella socialdemocrazia polacca e tedesca, venne accusato di rubare cose (tra cui vestiti)2 e di non pagare le quote. Personaggio ambiguo e sicuramente con qualche lato oscuro, Radek era per Lenin un punto di riferimento del bolscevismo tanto da prenderne sempre la difese e rigettare al mittente la non buona condotta militante, scrivendo anche un articolo per il giornale socialdemocratico tedesco Vorwarts (anche se l’articolo non fu pubblicato). Radek era una comunista sincero, fedele alla sue idee e coraggioso – fino a quando Stalin non lo piegò con torture e ricatti.

Si racconta che durante la militanza nell’Opposizione Unificata venne alla mani e prese a bastonate un poliziotto (l’apparato stalinista aveva mosso il mondo per pedinare i capi dell’Opposizione) che lo stava seguendo.3

Fu uno dei primissimi bolscevichi che si schierò immediatamente con Trotsky durante  la lotta interna, grande attenzione suscitò il suo testo “Leon Trotsky: Organizzatore della Vittoria”  del 1923. Radek aveva molte qualità e per questo Stalin se ne servì, sapendo che non poteva privarsene. Dopo il suo primo allontanamento dai vertici del partito e la sua successiva capitolazione a Stalin, Radek mantenne un ruolo nel partito (uno dei pochi bolscevichi reinseriti nel Partito) sino al secondo processo, dove fu condannato come agente trotskysta…

Noi ci sentiamo comunque di collocare Radek tra i rivoluzionari. Fino a quando il partito ha permesso il libero dibattito, Radek ha assunto sempre una posizione coerentemente rivoluzionaria. La storiografia ufficiale, nonostante le riabilitazioni postume, ancora deve dare il giusto spazio ad un grande compagno come Karl Radek.

Radek morì nel maggio del 1939, nelle prigioni staliniste, per colpa di un sicario del NKVD.

Hanno detto di lui



Un uomo piccolo, con una grande testa, delle orecchie a sventola, il volto rasato (non portava ancora quell’orribile frangia che passa ormai per una barba), degli occhiali, una gran bocca e dei denti ingialliti dal tabacco, dove una pipa o un sigaro gigantesco non erano mai assenti, era vestito di uno strano completo di stoffa marrone con pantaloni da golf e delle ghette. Aveva l’aria di essere un incrocio tra un professore e un bandito. Ma il suo brio intellettuale era indubbio. Era il virtuoso del giornalismo bolscevico e la sua conversazione era scintillante come i suoi editoriali. Gli ambasciatori erano il suo gioco preferito e i ministri stranieri il suo bersaglio. Era un Puck pieno di malizia, dotato di un senso squisito dell’umorismo. Era il lord Beaverbrook bolscevico4




Quando fece la sua arringa finale nella quale disse la ragione per cui aveva confessato e questa confessione, per quanto fatta con disinvoltura e nonostante la sua forma perfetta fece l’effetto di una rivelazione di un uomo in pericolo e fu commovente. 5




Uno strano fenomeno psicologico», «miscuglio di amoralità, di cinismo e d’entusiasmo spontaneo per le idee, i libri, la musica e gli esseri umani.6




Un posto a parte va riservato a Radek, il cui spirito spesso brillante e talvolta di dubbio gusto non sempre piaceva Trotsky che tuttavia ne ammirava le capacità intellettuali, l’arte di cogliere il concreto, di trovare la formula giusta, il talento di giornalista e divulgatore. A partire dal 1925 è rettore dell’Università Sun-Yatsen a Mosca, vive con Larisa Rejsner, già commissario politico della flottiglia del Volga. Si racconta che fosse riuscito a conquistarla dicendole che Trotsky avrebbe voluto un figlio da lei perché lei era la più bella e lui il più intelligente.7


Bibliografia

 

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