Aleksandr Šljapnikov nasce il 30 agosto del 1885 a Murom, nella provincia di Vladimir, primo di quattro fratelli, da una famiglia di operai ebrei e molto religiosa. Sin dalla sua infanzia, Aleksandr conobbe la persecuzione da parte della polizia e dei preti ortodossi per via della sua matrice religiosa. Date le convinzioni religiose della famiglia, nella scuola elementare dovette subire dai maestri continue umiliazioni.
Da piccolo, a circa tre anni, Šljapnikov perse il padre e dovette affrontare sin da subito le miserie della vita, le miserie di una società iniqua cercando di provvedere al sostentamento della famiglia dopo la scuola. Divenne apprendista meccanico, nel 1900 fu assunto a Sormovo, presso Nižnij Novgorod, nella fabbrica Kondratov e l’anno dopo si trasferì a San Pietroburgo, lavorando come operaio nelle officine Obuchov.
L’8 maggio 1901 nello stabilimento scoppiò uno sciopero e il quindicenne Sashka Shlyapnikov, segnato dalle ingiustizie della vita, partecipa attivamente alla mobilitazione, raggruppando un gran numero di ragazzi e lavoratori verso la protesa. Gli scioperanti si riempiono le tasche di dadi, bulloni, pezzi di ferro, che non lesino ad usare nei confronti dei “Krumiri” non disposti a seguire l’indicazione dello sciopero generale; coloro che si rifiutarono furono inondati da una grandine di frammenti d’acciaio, costringendoli così a unirsi alla maggioranza.
Gli agenti di polizia misero in campo tutta la loro forza/reazione arrestando e caricando gli scioperanti.
Dopo il “silenziamento” della protesta, quando le acque tornarono a calmarsi per lo Zar e per i Padroni, Shlyapnikov e gli altri organizzatori della manifestazione furono licenziati. Shlyapnikov inoltre fu inserito nella lista nera della polizia zarista. Aveva effettuato il suo “battesimo del fuoco”, era divenuto un leader rivoluzionario. Shlyapnikov cercò lavoro in altre fabbriche ma senza successo, si dovette accontentare della riparazione dei bagni pubblici.
1903 fa ritorno nella sua città natale a Murom, viene assunto come tornitore e riprende la militanza politica. Shlyapnikov è in prima linea con la diffusione di materiale di propaganda nelle fabbriche tessili della sua provincia. All’inizio del 1904 la polizia zarista avverte il pericolo di una nuova ondata di scioperi, i rivoluzionari tra la classe operaia stanno aumentando il loro consenso, così si procede con nuovi arresti: tra i dieci attivisti catturati, Shlyapnikov. Nonostante questo i gendarmi non trovano prove sufficienti per inchiodare Shlyapnikov e prolungare la sua trattenuta. Dopo nove mesi trascorsi in isolamento, viene rilasciato sotto la supervisione della polizia.
Nel luglio del 1905 il Partito Operaio Socialdemocratico Russo (POSDR) di Murom organizzò una commemorazione dei morti, una manifestazione in solidarietà della “domenica di sangue”, che esplode in disordini e tafferugli contro la polizia. Una settimana dopo Šljapnikov viene arrestato ancora e detenuto per tre mesi nel carcere di Vladimir. Liberato dall’amnistia, torna a Murom fondandovi il Soviet operaio sull’esempio di Pietroburgo.
La Russia entra in guerra e Shlyapnikov viene arruolato sotto le armi, ma si rifiuta di prestare giuramento e viene nuovamente arrestato. Trascorso un anno di carcere la pena viene ulteriormente indurita ed è condannato a scontare ulteriori due anni, ma la fortuna gira e viene liberato su cauzione.
Trasferitosi a Pietroburgo, fu membro attivo della frazione bolscevica del POSDR, e all’inizio del 1908 lasciò la Russia per vivere, lavorando come operaio, in Francia, in Inghilterra e in Germania. Nel 1911 si legò sentimentalmente alla compagna d’esilio Aleksandra Kollontaj. La coppia appariva decisamente tutt’altro che classica, lei era un’intellettuale che aveva nobili origini, di tredici anni più vecchia, la bellezza del bolscevismo, lui invece un operaio metalmeccanico di umili origini, autodidatta, esponente di rilievo della frazione bolscevica. Il rapporto, si interruppe solo nel 1916 e probabilmente contribuì, anche se in modo non determinante, a maturare l’adesione della Kollontaj al bolscevismo (sino al 1915 era nella Mezrojanca). Rimasero comunque in ottimi rapporti, divenendo amici in una comunanza di idee e posizioni politiche che condivisero sino alla seconda metà degli anni 20. Shlyapnikov non sopravvisse alla purghe staliniane mentre la Kollontaj sì; la rivoluzionaria morì nel 1952, si dice che uno dei motivi per cui Stalin la graziò fu la consegna al padre padrone della Russia dei suoi diari/corrispondenza con Lenin (nei diari la Kollontaj monitorava l’attività di Trotsky) al tempo del suo esilio negli Stati Uniti ove con lei vi erano Bucharin e Trotsky. L’intolleranza della Kollontaj per Trotsky era nota e crebbe sempre di più rafforzandosi con la questione del X Congresso, ovvero quando l’Opposizione Operaia fu sconfitta. La Kollontaj raggiunse il suo massimo livore contro Trotsky quando, come console russa in Svezia, si oppose con tutte le sue forze al possibile esilio di Trotsky nel paese Scandinavo.
Tornando al leader della futura Opposizione Operaia rientrò a Pietroburgo nell’aprile del 1914 con un passaporto francese a nome Noé e nel luglio 1914 fu tra gli organizzatori di scioperi operai, a cui parteciparono fino a 300000 persone. I padroni risposero con un’azione generale di repressione, la polizia fece arrestare gli scioperanti e sequestrò l’opuscolo “Sulle fabbriche di Francia e Germania”. Il testo si basava su dati statistici, descriveva la situazione in vari rami dell’industria metalmeccanica di questi paesi, dei regolamenti interni nelle officine, delle forme di organizzazione e remunerazione del lavoro (compreso il nuovo sistema Taylor). Il testo approfondiva anche la vita dei lavoratori, le leggi sul lavoro e dei sindacati e la situazione dei lavoratori stranieri.
Nel giorno stesso dello sciopero venne diffuso un volantino redatto da Shlyapnikov:
“Soldati e operai! Siete chiamati a morire per la gloria della frusta cosacca, per la gloria della patria, che sta abbattendo i contadini affamati, gli operai… No, non vogliamo la guerra, dovete dichiarare. Vogliamo la libertà per la Russia! Questo dovrebbe essere il tuo grido… Abbasso la guerra! Abbasso il governo zarista! Viva la rivoluzione!“1
Allo scoppio della prima guerra mondiale, Shlyapnikov non assunse subito una posizione corretta, disfattista rivoluzionaria, ma si fece trascinare dalle sirene scioviniste. Ben presto però mutò atteggiamento e divenne un oppositore intransigente al conflitto. In pieno conflitto, i bolscevichi furono decapitati del loro gruppo dirigente tra arresti, persecuzioni ed esilio. Divenne quindi, insieme con Vjačeslav Michajlovič Molotov e Pëtr Antonovič Zaluckij, uno dei massimi esponenti del partito a Pietroburgo sino al febbraio del 1917, quando scoppiò la rivoluzione.
Buon sangue non mente, Shlyapnikov si scontra tra il febbraio e il marzo del 1917 con la linea politica di accondiscendenza verso il governo provvisorio promossa da Stalin e Kamenev.
In aprile gestì il ritorno degli emigrati (Lenin e il famoso treno piombato) e accolse Lenin alla stazione di Beloostrov, al confine con la Finlandia. Nei giorni successivi, per un incidente di macchina fu ricoverato all’ospedale per due settimane e non poté partecipare alla Conferenza del partito, apertasi il 27 aprile, nella quale, con l’iniziale solitario sostegno della Kollontaj, s’impose la linea politica di Lenin, fondata sull’abbandono dell’idea che le rivoluzioni procedano per tappe obbligate, sull’opposizione al governo e sulla necessità di una lunga opera di propaganda tra le masse operaie, in preparazione del passaggio del potere politico ai Soviet. Lenin si stava sovrapponendo a Trotsky e alla teoria della rivoluzione permanente.
Durante i giorni della Rivoluzione di febbraio, Shlyapnikov fu l’unico membro del Comitato Centrale che prese parte attivamente agli eventi di Pietrogrado. Membro del Comitato di Pietrogrado della RSDLP, membro del comitato esecutivo del Soviet dei Deputati Operai di Pietrogrado fin dalla sua creazione, membro del Comitato Esecutivo Centrale Panrusso della prima convocazione, membro del Consiglio Centrale dei Comitati di Fabbrica. Presidente del Comitato Centrale di Pietrogrado e dal giugno 1917 dell’Unione tutta russa dei lavoratori metalmeccanici. Uno degli organizzatori della Guardia Rossa.
Šljapnikov si dedicò all’organizzazione sindacale e fu eletto presidente del sindacato dei metallurgici. Fu eletto commissario del popolo (ministro) al lavoro nel primo governo sovietico. Nel giugno del 1918, durante la guerra civile, gli fu affidato il comando della 11ª Armata operante nel Caucaso, ma le sconfitte subite provocarono la sua sostituzione, nel febbraio del 1919, con Konstantin Aleksandrovič Mechonošin.
Tornato a Mosca, s’impegnò nel dibattito sull’economia, sostenendo che ai sindacati dovesse essere affidata una funzione preminente nella sua direzione contro il proliferare degli organismi burocratici. Erano le tesi intorno alle quali si costituì l’Opposizione operaia, alla quale aderirono molti dirigenti sindacali, tra cui il suo amico Sergej Pavlovič Medvedev, Aleksej Semënovič Kiselëv e Jurij Chrisanfovič Lutovinov, oltre che, come una sorta di mentore esterno, Aleksandra Kollontaj. L’Opposizione Operaia venne condannata al X Congresso del partito, ma Šljapnikov continuò a battersi nell’Internazionale comunista poi, nel marzo del 1922, all’XI Congresso, dove definì la NEP una politica economica anti-operaia e, all’inizio del 1924, ribadì le sue critiche firmando con Medvedev la «lettera di Baku».
Man mano che la malattia di Lenin peggiorava e limitava il suo ruolo nella leadership, il malcontento crebbe all’interno del partito per il dominio di Zinoviev, Kamenev e Stalin (i ‘triumviri’) e in reazione alle loro politiche. Alcuni membri del partito considerato Trotsky come successore naturale di Lenin. Lenin aveva da poco dettato le note (in seguito chiamate il “Testamento’), in cui analizzava il gruppo dirigente del Partito, in particolare i suoi successori, tutti come carenti di qualche cosa. Lenin propose di ampliare il CC, ristrutturare Gosplan e fondere il CC con l’Ispettorato degli operai e dei contadini [Rabkrin]. Infine lancio la sua “bomba” su Stalin e propose di rimuoverlo dalla carica di Segretario Generale del Partito perché era “troppo scortese”. Stalin con l’ausilio di Zinov’ev e Kamenev, condizionato anche dal silenzio di Trotsky durante la lettura del Testamento nel CC, rimase al suo posto.
Nel 1923 Shlyapnikov, non si nascose nella lotta interna e criticò apertamente il Comitato Centrale sulla questione economica, all’interno del Partito e sulla democrazia operaia. La riposta del partito fu quella di inviarlo come diplomatico in Francia.
Inviato come consigliere d’ambasciata a Parigi, dove iniziò a scrivere le sue memorie, al suo ritorno in Unione Sovietica nel 1926 venne attaccato dalla «Pravda» per il suo passato non allineato. Stalin stava utilizzando il metodo della calunnia per demolire i suoi oppositori, e così un compagno dai sani principi e con la testa pensante viene additato in poco tempo come uno dei peggiori controrivoluzionari. Šljapnikov fece atto di sottomissione, ma non fu sufficiente perché nel 1930 si vide ancora sottoposto a dure critiche.
L’8 gennaio 1932, un articolo di O. N. Chaadaeva, P. N. Pospelov e altri apparve sulla Pravda, criticando aspramente le memorie di Shlyapnikov. Secondo la burocrazia stalinista il testo del vecchio bolscevico aveva lo scopo di creare una base “storica” per le ricostruzioni false e calunniose del “trotskismo controrivoluzionario“.
La frase di N. I. Yezhov (nano assetato di sangue) dà una descrizione del clima e dell’autonomia di pensiero che serpeggiava nel partito: “Shlyapnikov non ha avuto alcun ruolo nel partito, la nuova generazione del partito conosce Shlyapnikov solo per errori“. Per molti decenni è stato un tabù il nome di un importante bolscevico2.
Tuttavia, l’apostasia forzata dalle sue opinioni non ha aiutato. Il 17 giugno 1933, la commissione per l’epurazione della cellula del partito del Gosplan della RSFSR, dove Shlyapnikov allora lavorava, lo espulse dal partito per non aver riconosciuto gli errori del passato e per aver rotto con il bolscevismo.
Alla fine di marzo 1934, Shlyapnikov fu esiliato per costruire il canale Mar Bianco-Baltico nella penisola di Kola, ma due settimane dopo tornò dall’esilio a Mosca.
Nelle memorie scritte dopo il ritorno dall’esilio, Alexander Gavrilovich Shlyapnikov scrive:
“Al mattino scesi alla stazione di Kem, che con il nome mi ricordava una stazione ferroviaria e una cittadina della Finlandia, in cui mi rifugiai nel 1915, attraversando il confine dalla Svezia, avendo con me direttive di partito e letteratura rivoluzionaria. Davvero, quanto è stato vissuto e quanto è stato sperimentato: un membro del Comitato Centrale della RSDLP, autorizzato a organizzare un centro leader in Russia, ecc., ecc. – perseguitato e perseguitato dopo 20 anni dal “popolo” che si è impossessato della guida del “leninismo”, partito che si vanta dei suoi successi sullo sfondo della reazione mondiale, ma nasconde strenuamente la vera posizione della classe operaia e dei poveri delle campagne, o meglio dei poveri della “fattoria collettiva”. Una buona pagina per un futuro romanzo o romanzo del futuro.
Shlyapnikov fu nuovamente arrestato il 2 gennaio 1935 in quanto colpevole, secondo gli epigoni stalinisti, della fondazione di una “organizzazione controrivoluzionaria di Mosca”, in cui furono coinvolte altre 17 persone. Allo stesso tempo, Shlyapnikov fu accusato del fatto che, essendo uno dei leader dell’Opposizione Operaia, avesse svolto attività sovversive antisovietiche sotterranee, in particolare avrebbe creato e guidato i gruppi controrivoluzionari dell’ “Opposizione Operaia” a Mosca, Omsk e Rostov.
Il 26 marzo, con una risoluzione dell’OSO sotto l’NKVD dell’URSS, Shlyapnikov fu imprigionato per cinque anni. Il 10 dicembre 1935 la punizione fu sostituita con l’esilio ad Astrakhan. Ma lì, il 2 settembre 1936, Alexander Gavrilovich venne nuovamente arrestato e questa volta condannato alla pena capitale con l’accusa di attività terroristiche controrivoluzionarie. Fu fucilato all’età di 52 anni, esattamente un anno dopo il suo arresto, il 2 settembre 1937. Fu riabilitato solo nel 1963.
Poco dopo l’omicidio di Kirov, Shlyapnikov fu messo, come tutti i possibili oppositori, sotto interrogatorio, e condusse una lotta risoluta, come ha sempre fatto, contro accuse illogiche non documentate dagli accusatori stalinisti. Ha resistito sino a che ha potuto all’infamia dei processi di Mosca.
La famiglia
Anche sua moglie fu arrestata e condannata a otto anni di carcere, mentre i loro tre bambini vennero inviati separatamente in orfanotrofio; solo successivamente si riunirono. Nel 1948–1951 tutti e tre i figli, che non avevano allora più di venti anni, e la loro madre furono arrestati durante una nuova ondata di terrore e condannati a un campo di prigionia, in Siberia. Solo per la figlia la sentenza fu commutata in confino a Krasnojarsk. Furono tutti liberati ma solo verso la metà degli anni Cinquanta. Shlyapnikov fu riabilitato nel 1963 e nel 1988 ottenne anche la riammissione postuma nel PCUS.
E. Gemmo
Curiosità
La casa all’angolo n. 3, su Spasopeskovsky Lane a Mosca, fu costruita nel 1929 e vide il soggiorno di alcuni rivoluzionari tra cui Alexander Gavrilovich Shlyapnikov, Georgy Ippolitovich Oppokov e Boris Andreevich Guber.

Note
- http://deduhova.ru/statesman/aleksandr-gavrilovich-shlyapnikov/ ↩︎
- Barbara C. Allen, Alexander Shlyapnikov,1885–1937: Life of an Old Bolshevik ↩︎